Teatro Vittorio Currò. Successo per la prima siciliana di ‘Barbablù’. Intensa interpretazione di Mario Incudine
Scritto da Valentina Di Salvo il 3 Dicembre 2019
Solo due lettere separano le parole ‘coinvolge’ e ‘sconvolge’: una distanza che si annulla nel lungo applauso del pubblico al termine della prima siciliana di ‘Barbablù’ messa in scena sul palco più antico di Barcellona P.G, il Teatro Vittorio Currò.
Per la regia di Moni Ovadia, la favola di Perrault diventa un monologo per Mario Incudine, straordinario attore ed esponente di spicco della musica popolare siciliana, conosciuto dal grande pubblico con il brano ‘Mio fratello’ di Biagio Antonacci.
Testi musicali eseguiti dal vivo da Antonio Vasta.
La storia di Barbablù è stata riscritta da Costanza Di Quattro in chiave noir e psicoanalitica, priva di patina pedagogica, si riveste di citazioni contemporanee, cruente e profondamente dolorose, poetiche e persino romantiche.
Il personaggio del XVII secolo si mette a nudo tra deliri allucinati e lucidità inquietanti mostrando al pubblico un uomo insoddisfatto, amante frustrato, bambino ferito e capriccioso, facilmente incline all’ira, violento, complessato, bipolare e perfettamente coerente a una logica angosciante. Svela le morti delle sette donne che hanno incrociato la sua vita, dalla rossa alla bionda, dalla meno aggraziata alla giovane dodicenne che voleva farsi suora, uccidendole tutte senza pentimenti, compresa l’unica per la quale valeva la pena fermarsi.
Orgoglioso e prepotente fino alla fine, modifica di volta in volta le prospettive così da allineare sempre la coscienza alle azione commesse che, inevitabilmente, rientrano nella coerenza del personaggio.
Le emozioni sono state descritte dal talento musicale di Antonio Vasta che, eseguendo dal vivo i brani scritti da Mario Incudine, tra fisarmonica e zampogna, pianoforte, campionature elettroniche e organetto, ha sviscerato la psicologia del personaggio e dato spessore alla scena, ricreando la dimensione percettiva del tempo e dello spazio.
Fuori campo le voci di sette donne diverse.
La morale è devastante.
C’era una volta Barbablù – dice Mario Incudine durante uno dei commenti nella pièce. – Siamo tutti Barbablù quando accettiamo di essere inferiori.
Lo siamo quando prendiamo di mira le vittime, lo siamo quando giustifichiamo e quando accettiamo alimentando l’anticultura.
‘Barbablù’ non si focalizza sulla violenza di genere, l’orrore c’è ed è visibile a tutti ogni giorno. ‘Barbablù’ va oltre, scava nella società contemporanea.
Perché Barbablù c’era una volta e, forse, c’è ancora.
Ph Katia Luciani