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Nino Pino Balotta e i futuristi al Museo Epicentro di Gala dell’artista Nino Abbate

Scritto da il 6 Novembre 2023

Nino Pino Balotta entra ufficialmente nella collezione del Museo Epicentro con due testimonianze storiche scritte e indirizzate a Salvatore Quasimodo, Premio Nobel per la letteratura nel 1959.

I documenti provengono dall’archivio Nino Pino di Barcellona Pozzo di Gotto e sono state disposte dal fondatore del Museo Epicentro, l’artista Nino Abbate, sulle mattonelle di cm. 30×30, arricchendo così la storia artistica e culturale della collezione unica nel panorama internazionale dell’arte contemporanea: la mattonella in cotto cambia il suo significato primario da manufatto per l’edilizia diventando “Opera d’Arte”.

Il supporto, nella stessa misura per tutti, accoglie le testimonianze scritte, o figurate, con qualsiasi tecnica, materiali e colori, relative ai personaggi storici.

Il nuovo contributo completa ancor più la storia della collezione perché siamo di fronte ad un futurista critico che intende immettere nel movimento quella freschezza antistituzionale dei tempi eroici, cercando al tempo stesso di staccare il futurismo dall’ottica del fascismo.

UN PO’ DI STORIA

Nino Pino Balotta (Barcellona Pozzo di Gotto, 1909-1987), vi colse i segni di un movimento libertario e anticonservatore, portandone a maturazione i contenuti pubblicati nel primo volume di versi Sciami di sparse parole, come sappiamo dalla sottotitolazione di alcuni testi con il termine “fotopoesia”, che deriva dalla poetica dell’ “aeropoesia” del futurismo della “terza serie”, il cui manifesto risale al 1931. La sua adesione al movimento di Filippo Tommaso Marinetti risale alla collaborazione con la rivista romana Nuovo futurismo, degli anni 1933-35. Nino Pino Balotta, opera al centro di una provincia messinese, in cui “i figli del terremoto” avevano dato fuoco alle polveri futuriste: Enrico Cardile di Novara di Sicilia, Guglielmo Iannelli, Giovanni Antonio di Giacomo di Ragusa, detto Vann’Antò, insieme al sorprendente giovane poeta parolibero Salvatore Quasimodo. A loro si deve l’uscita de “La Balza futurista” con tipografia a Ragusa e direzioni a Messina e tra i loro collaboratori ci furono il già citato Boccioni e Balla insieme a Depero.

L’IMPORTANZA DEI MUSEI: ANCORA UNO SGUARDO AL MUSEO EPICENTRO

La mostra dedicata a /Nino Pino Balotta e i futuristi/, “Omaggio nel trentennale della morte”, al Villino Liberty, Barcellona P.G. torna oggi a essere culturalmente l’epicentro di una provincia che va in scena e che ha i suoi numeri per recitare parti importanti: Villino Liberty in attesa di diventare Museo della cultura, l’altrettanto finora privato Villino Jannelli a Castroreale reso illustre da Depero e Balla che collaboravano alla rivista La Balza dei futuristi messinesi.

E laddove quest’epicentro fosse ancora inghiottito nel vortice del futuro appena fuori Barcellona Pozzo di Gotto, a Gala, lo scultore Nino Abbate, che con la sua maieutica dà forma e poesia alla pietra serena all’insegna dei versi del poeta Bartolo Cattafi, ha trasformato i luoghi in un museo prestigioso, si è inventato quel Museo della mattonella che nello spazio democratico di un 30×30 di terracotta propone un percorso attraverso l’arte italiana descritta in tutte le sue forme espressive e strumentali, senza tralasciare nessuna scuola dell’arte pittorica formale e e informale del paese e di cui in tanti – artisti e critici di storia dell’arte – pensano che per esistere nel panorama italico bisogna esserci in quella mattonella allineata a tutte le altre che illustrano il panorama delle arti italiche.

Andare al Museo Epicentro di Gala significa ritrovarsi nel vortice di una collezione coloratissima e illuminatissima, alla presenza, tra gli altri di Guido Strazza (Grosseto, 1922) erede di Balla e Depero, con la sua mattonella in cotto di cm. 30×30 è tra gli “Artisti per Epicentro”. Strazza, inizia la sua attività artistica nel “Futurismo” dopo un incontro con Filippo Tommaso Marinetti che vede i suoi lavori giovanili e lo invita alle mostre di Aeropittura che si tengono, nel 1942, a Roma, in Palazzo Braschi, e a Venezia nell’ambito del Biennale internazionale d’arte nella “Mostra del Futurismo Italiano”. Curiosamente, quando i futuristi riuscirono ad esporre per la prima volta alla Biennale di Venezia, lo fecero, nel 1926, ospiti del Padiglione dell’Urss. (I futuristi sovietici). Non fu il padiglione Italia a esporre le loro opere, solo nel 1942 la sede espositiva ebbe il nome di Padiglione del Futurismo italiano.


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