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#interviste. L’artista Nino Abbate fondatore di Epicentro. Il Museo tra ricordi, simboli e la necessità della bellezza

Scritto da il 7 Luglio 2020

Il “Museo Epicentro” spicca dalla terra della piccola frazione di Gala e, rigoglioso nel suo messaggio simbolico e artistico, si irradia facendosi conoscere nel mondo.

Come è noto, infatti, il museo istituito dall’artista Nino Abbate è stato inserito nel sito della Regione Siciliana “L’Isola del contemporaneo”.

Uno scrigno da custodire per le generazioni future. L’elemento fondamentale del museo, la mattonella in ceramica. Un manufatto artistico che nelle trame racchiude un’importante patrimonio storico e culturale, dalle cesure delle avanguardie all’attualità, dal processo di trasformazione di un oggetto comune in arte al risveglio di un messaggio già esistente ma che, per parafrasare Michelangelo, aveva solo bisogno di venir fuori dalla materia.

Anno importante per la storia del Museo, il 1988: la nascita del centro culturale “Epicentro”. Data che ho sempre considerato speciale essendoci dentro, per due volte, il simbolo dell’infinito. Sarà per via di questo DNA che il Museo riesce a inserirsi perfettamente nel particolare tessuto sociale di Gala, in quegli anni scisso in due metà: da una parte la voglia e il desiderio di innovazione culturale, dall’altro una scarsa sensibilità artistica.

“Sapevo di creare Epicentri in un tessuto sociale dove non potevo ottenere quelle affermazioni di compiacimento che a me non sono mai servite sia politicamente che culturalmente, ma “Epicentro” mi ha dato la possibilità di trasformare il mio luogo di Gala in un grande navigatore senza mai spostarmi, così da vivere il mio essere materiale e mistico della creatività”.

Così risponde l’artista Nino Abbate quando parliamo della Sicilia e della sua Gala.

“La Sicilia è una terra amara – continua – ma la sua amarezza mi rende felice perché lotto nel mio luogo di Gala per dare un messaggio che la possa rendere armoniosa nella sua bellezza”.

Abbiamo intervistato l’artista Nino Abbate per scoprire, un po’ più nel profondo, alcune particolarità che rendono unico questo luogo.

Epicentro è un nome fortemente simbolico. Non solo luogo da cui far sgorgare l’arte ma anche, come più volte hai detto tu, epicentri di vita. Quella vita spesso contrastata e attraversata da tante lotte il cui unico obiettivo era la nascita del museo.

Nei primi anni Ottanta, a Barcellona Pozzo di Gotto, gli eventi culturali e artistici erano un monopolio di una Associazione e non c’era verso di farsi invitare nelle mostre che si tenevano in città, anche se si praticava arte con passione.

Epicentro nasce da questa ribellione, con l’idea di un movimento che doveva creare un terremoto culturale nel circuito artistico locale e così è stato.

Apro una piccola Galleria d’arte a Gala e nel 1988 si tengono alcune mostre importanti con artisti locali, uomini di cultura e giornalisti che danno spazio informativo sui quotidiani, si crea un movimento e fondo un gruppo artistico denominato “gruppo epicentro” composto da quattro artisti: io, Salva Mostaccio, Marcello Crinò e Salvatore Lombardo. Tutti e quattro operiamo sullo stesso soggetto diviso in quattro parti sulla tela. In seguito facciamo mostre importanti a Barcellona Pozzo di Gotto, Patti, Messina.

Il manifesto viene presentato nella sede di Gala con testi scritti da Edoardo Bavastrelli e Nino Sottile ma, come succede sempre nei gruppi nel 1991, il gruppo si scioglie e continuo da solo insieme a Salva. A questo punto, essendo libero da impegni organizzativi e artistici con gli altri componenti, nascono tante idee e tante partecipazioni. Nell’happening della prima manifestazione nella fiumara d’arte organizzata da Antonio Presti, nella quale noi siamo stati invitati dal critico d’arte messinese Lucio Barbera, si trova un chilometro di tela realizzata insieme a Salva a Pettineo.

Nel 1994 nasce la prima rassegna nazionale artisti per Epicentro con l’intervento sulla mattonella di cm 30×30 e la prima mattonella importante realizzata da Emilio Isgrò, portata nel nuovo Epicentro, sempre creato da me a 50 metri dal primo, ovvero il luogo attuale.

Seguono altre mostre nella nuova sede e altri guai a causa dell’intento di ampliare gli spazi espositivi. Vengo denunziato per abusivismo edilizio e condannato a 10 milioni di multa e un mese di arresto, ho lottato contro tutti i magistrati, giudici, procuratori, ingegneri, politici… ma alla fine, nel 2001, si chiude il processo ed evito la demolizione. Così Epicentro continua la sua vita artistica con altri epicentri di vita, arte e cultura.

Il testo Un tributo all’arte raccoglie articoli di giornale di particolari momenti artistici, stralci di carteggi, mostre, immagini di opere d’arte e vecchie fotografie che ti ritraggono dagli anni ‘80 sia con le Amministrazioni che con diversi intellettuali europei. Mi colpiscono le parole di Mirella Bentivoglio: “Epicentro è il punto di irradiazione delle scosse di terremoto. Qualcosa dunque che ha a che fare con la terra; con la terra come pianeta e come materia”. La terra, insieme agli altri elementi della natura, è molto presente nella tua produzione artistica, infatti cerchi sempre di far percepire il loro significato durante i tuoi eventi organizzati.

Ho sempre vissuto in un cerchio che potrebbe essere un pianeta, ho sempre vissuto nel mio luogo di Gala che è la mia terra. Due accostamenti importati perché senza l’uno non ci potrebbe essere l’altro. Le mie visioni poetiche e creative, le performance, le istallazioni realizzate con elementi naturali del mio vissuto e da ciò che mi circonda… “Se ho l’acqua sotto i piedi perché devo andare a cercarla oltre?”. Per questo motivo non mi sono mai spostato da Gala in cerca delle grandi piazze delle città italiane dove sicuramente avrei ottenuto maggiori consensi, ma la vera funzione dell’arte e quella di essere se stessi, di scavare dentro e lanciare quei messaggi che siano la bellezza e l’armonia della vita. Oggi questi messaggi rappresentano dei temi importanti della nostra attualità, ne abbiamo bisogno ma non tutti riescono a capirlo e questo a volte mi rende triste, ma continuo lo stesso. Questa è la missione che io e Salva abbiamo su questo pianeta.

Nella conclusione dello stesso testo leggo così: “Con la fondazione di Epicentro si è recuperata quella radice culturale che rese nobile l’antica Gala, ma si vuole dimostrare che ci sono ancora persone sensibili come gli artisti presenti in questa collezione, che non si rinchiudono nell’egoismo”. Il luogo ripristina il legame con il passato ma è anche un centro di propulsione aperto al mondo. Simbolicamente può essere definito una congiuntura. Ce ne vuoi parlare?

Ti rispondo con una frase detta in uno dei pochi incontri con il pittore Nino Leotti. Era il 1992 durante l’esposizione della mostra “Presenze” in occasione dell’inaugurazione del nuovo Epicentro. Leotti disse: Alcuni amici mi hanno detto cosa ci vai a fare a Gala ad esporre le tue opere. Questa frase mi è rimasta scolpita dentro l’anima, come se Gala fosse un paese di malaffare, di gente incivile o ignorante, mentre è tutto il contrario. Gala è un paese storico con una storia importante. Da piccolo curiosavo tra i ruderi del Monastero facendomi tante domande sul suo abbandono e ancora oggi è più desolato di prima. Si tratta dell’unico reperto di importanza storica che la città di Barcellona Pozzo di Gotto avrebbe dovuto recuperare, ma non interessa a nessuno perché si trova fuori dal centro. Grazie alla nascita di Epicentro, Gala recupera in parte il suo passato storico e la sua cultura, tanto che lo stesso Nino Leotti, sempre in occasione della mostra di cui ti ho appena detto, mi ripete testuali parole: In questo spazio espositivo si respira veramente arte. Questa frase detta con il sentire di un vero artista mi ha ripagato dai tanti sacrifici e continua a farlo ancora oggi. Infatti una delle ultime sculture realizzate in pietra nel Giardino di Salva dice tutto sulla mia vita vissuta a Gala. Qui nasce e muore l’arte.

Ho detto a Salva durante i nostri scambi di parole che sarebbe bello se le nostre ceneri un giorno, speriamo il più tardi possibile, fossero disperse in questo giardino, così la polvere si fonderebbe alla terra e allo spirito con l’arte e l’eternità di chi ha amato e vissuto veramente con la passione del bello e della bellezza.

La sensibilità degli artisti presenti nel Museo è grande, essi non conoscevano il luogo di destinazione ma avevano ascoltato le mie parole, parole vere, sentite dentro. Il mio messaggio ha aperto la collezione ad autori internazionali. Sicuramente nel tempo sarà di grande prestigio perché non esiste a Barcellona Pozzo di Gotto un luogo così ricco di cultura e con un vissuto storico di tanti personaggi e artisti, per questo si può dire “aperto al mondo”.

Per chi non avesse ancora avuto modo di visitarlo, come abbiamo già detto il Museo Epicentro raccoglie le mattonelle artistiche mettendo insieme non solo personalità del nord e del sud ma anche artisti di diverse generazioni. In quanti anni sei riuscito a raccogliere i manufatti artistici? Ci sono stati imprevisti particolarmente rilevanti?

Quando nel 1994 ho ricevuto la prima mattonella importante di Emilio Isgrò, mai avrei pensato di raggiungere tale traguardo a collezionare tanti artisti affermati sulla scena internazionale dell’arte contemporanea che rappresentano l’arte non solo italiana ma anche straniera, dal movimento di Corrente con la presenza importante di Ernesto, fondatore del movimento fino alle ultime generazioni come Roberto Cuoghi. Ho collezionato per 25 anni dal nord al sud mattonella su mattonella, tante sono state le Esposizioni, tutte documentate con cataloghi e con testimonianze scritte da noti critici tra cui Renato Barilli. L’unico imprevisto è stato la denuncia per abusivismo dei nuovi spazi del Museo che nel 2000 mi avevano portato al punto di mollare tutto, ma per fortuna non l’ho fatto, la passione mi ha portato a continuare e completare la collezione nel corso degli anni.

Mettendo a confronto le mattonelle, quali differenze hai notato, o ti hanno fatto notare i critici che hanno visitato il museo, in relazione alle produzioni delle nuove generazioni rispetto alle precedenti?

Tra le mattonelle esposte persiste solo una diversità di linguaggi artistici delle generazioni che si sono succedute dal 1940 ad oggi. Anni fa il museo è stato visitato da una grande collezionista che si occupa anche di critica d’arte torinese e guardando tutte le mattonelle nel suo insieme, e leggendo i nome degli artisti, gli stessi che lei tiene nella sua collezione a Torino, è rimasta sorpresa per l’allestimento: mai si sarebbe aspettata di trovare, in una piccola frazione come Gala, l’impronta indelebile sulle mattonelle lasciata dai grandi artisti.

Quale ricordo che riguarda la realizzazione del tuo importante progetto ti sta particolarmente a cuore?

Sicuramente quello delle prime mattonelle arrivate. Era emozionante aprire il pacco e vedere l’arte che si materializzava attraverso il suo supporto, la mattonella di 30×30 cm. In particolare ricordo la mattonella dell’artista veneto Carmelo Zotti. Quando la guardo, oppure le passo accanto, provo sempre quella emozione di oltre 20 anni fa.

Adesso parliamo un po’ di Nino Abbate. Gino Trapani nella sua prefazione, riferendosi a te, scrive: “[…] per dare un ulteriore tributo all’arte, di cui si sente sacerdote, al limite della ragione”.

Un sacerdote al limite della follia, quella follia che può e deve rendere felice l’umanità. Così ti potremmo definire.

Tra le arti, la scultura è quella che ti rappresenta di più. Ce ne vuoi parlare?

Le mie prime esperienze artistiche sono state nella pittura, infatti avevo raggiunto anche un buon livello tecnico. Dopo lo scandalo dei falsi di Modigliani, cimentandomi anch’io in un falso Modigliani, ho scoperto la pietra e ne sono rimasto affascinato tanto da praticare sempre meno la pittura.

In seguito sono stato invitato da un gruppo di artisti messinesi alla mostra collettiva “Orizzonti mutanti” che si è tenuta alla Galleria Civica di Barcellona Pozzo di Gotto e a Palazzo Pretorio di Certaldo, a Firenze.

Ricordo che durante uno degli incontri preparatori della mostra, mi avvicinai al critico d’arte Lucio Barbera, che partecipava agli incontri, e gli chiesi se secondo lui dovevo continuare con la pittura o con la scultura. La sua risposta? Il tempo ti darà ragione. Così ho deciso di impegnarmi maggiormente nella scultura al punto di vincere per ben due edizione il Premio di Scultura Mazzullo. La prima edizione si tenne a Messina al Palazzo della Provincia e la mia opera in Pietra “La raccoglitrice di Arance” entrò nella collezione a Palazzo Leone. La seconda edizione si tenne nelle isole Eolie e vinsi con l’opera in pietra “L’emarginato”. Sono affermazioni avvenute nei primissimi anni novanta e da allora ho continuato a scolpire perché ho trovato un mio personale linguaggio identificativo proprio nelle forme avvolgenti che riesco a realizzare.

Per Nino Abbate i simboli materiali o spirituali sono delle chiavi di accesso al mondo interiore, uno sguardo dentro per scoprire che, oltre le gioie e le sofferenze della vita, andando a ritroso nel tempo, tutti noi possiamo scoprire nel nostro passato un simbolo di Epicentro.

Un uomo e donna. La loro unione dà la vita come tra me e Salva che, oltre alla vita, creiamo la bellezza dell’arte.

Da un paio di anni il Museo si è arricchito del Giardino di Salva dove si trovano le sculture che spiccano dalle vegetazioni insieme alle lastre in pietra con incisioni poetiche, tra cui quelle di Salva, tua compagna di vita. Anche dietro la realizzazione del giardino c’è una storia importante.

Sì è vero, la realizzazione del Giardino di Salva parte da molto lontano. All’inizio era un terreno confinante al museo, il proprietario non ha mai voluto venderlo. Alla sua scomparsa i figli, non vivendo a Gala, hanno venduto il terreno, quindi io ho dovuto aspettare oltre 20 anni per realizzare i miei sogni. Era sempre stato un terreno pieno di rovi, non si poteva neanche entrare. Dopo tantissimo lavoro ho notavo che i miei sogni si stavano realizzando. Ho costruito muretti a secco, vialetti in pietra, ho comprato diversi massi in pietra arenaria che ho scolpito la Sirena, il Sacrario dell’arte, Migranti, la Grande madre, Salva la gatta. Adesso si trovano nel Giardino insieme ad altre sculture che già avevo realizzato, come Donne di Gala, il Ritorno nel grembo materno… Ho curato le piante, i corsi d’acqua, le luci e qualunque cosa potesse rendere armonioso il giardino nel modo in cui lo vedevo nella mia mente. Con delle lastre di legno realizzate dall’albero di pino che il vento di scirocco aveva buttato per terra anni prima ho inciso dei versi poetici di grandi autori internazionali. A un certo punto mi sono reso conto che al Giardino mancava la vera anima. Cosa dovevo fare? Cosa potevo mettere? Come potevo chiamare questo giardino? Il nome è molto importante. Ed ecco il Giardino di Salva, il nome che merita. Sai perché?

Salva ha scritto diverse poesia sulla mia vita e sulle mie follie, non ci potevano essere versi migliori per dare quel tocco finale all’armonia del giardino, con il suoi grandi alberi di agrumi che si innalzano al cielo. Così ho completo l’area con delle lastre in terracotta incidendo le poesie di Salva. Una meraviglia. L’armonia era completata.

Salva ha dedicato una parte della sua vita creativa a me, l’ha fatto con le sue parole e il suo modo di essere, ed io ho dedicato un giardino a lei. “Il Giardino di Salva”, che viene inaugurato nel 2018, è un luogo purificato nella sua bellezza materiale e spirituale.

Un’unione molto profonda, intessuta dalle stesse qualità che appartengono al mondo dell’arte. Dedizione, espressione, parole segrete. Una dimensione mistica e privata che i due artisti hanno reso fruibile agganciandosi al codice universale dell’umanità. Un dono inestimabile.

È stato un piacere intervistarti, grazie per il tempo che ci hai dedicato. Grazie anche a Salva per aver estratto e raccontato i suoi preziosi ricordi a completamento di quelli del marito. Ricordiamo ai lettori di Radio Milazzo che il Museo Epicentro di Gala è facilmente raggiungibile e aperto al pubblico rispettando i limiti imposti dal decreto.

Grazie a te Valentina!

 

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