Coronavirus. Il Prof. Marco Eramo: “Tre possibili evoluzioni dell’epidemia”
Scritto da Valentina Di Salvo il 9 Marzo 2020
Il coronavirus segue il suo percorso e gli esperti del settore infettivo stanno cercando di delineare il divenirne. Gli studiosi dell’European Centre for diseases prevention and control (Ecdc), basandosi sulle attuali conoscenze epidemiologiche, sui punti di forza e di debolezza dei Paesi membri dell’Unione europea e sulle maggiori criticità che potrebbero insorgere, hanno caratterizzato la possibile evoluzione dell’epidemia di Covid-19, identificando tre scenari sequenziali nella sua diffusione.
“Il primo scenario – spiega il docente di scienze umane, Marco Eramo – riguarda catene di trasmissione corte e sporadiche. E’, praticamente, ciò che è accaduto in Francia e Germania, con i primi casi di persone positive in Europa. Il focolaio epidemico è contenuto. Ci sono pochi casi che sono stati posto in isolamento e di cui è possibile ricostruire l’anamnesi e tracciare i contatti. In questa fase va presa in considerazione la possibilità di procedere con tamponi di individui asintomatici e di adattare i sistemi di sorveglianza previsti per l’influenza stagionale. I Paesi devono rivedere il loro piano di preparazione alla pandemia, facendo un’attenta analisi della capacità del proprio sistema sanitario per predisporre azioni di potenziamento, qualora fosse necessario. È bene identificare catene di approvvigionamento alternative e fare scorta di dispositivi di protezione individuale e altri materiali di consumo sanitario. A livello di comunicazione ai cittadini le parole chiavi sono trasparenza e coerenza con l’evolversi della situazione: bisogna comunicare le misure adottate e riconoscere l’incertezza del momento”.
Il secondo scenario, invece, concerne la trasmissione sostenuta limitata del coronavirus: “Il questa ipotesi, il virus si diffonderebbe rapidamente. Crescerebbe il numero di casi, ma sarebbe ancora possibile effettuare un’anamnesi e recuperare l’elenco dei contatti, nonché effettuare test diagnostici. Tutte le informazioni ottenute servirebbero a valutare la situazione e a fare previsioni sulla sua evoluzione – afferma Eramo -. Dal momento che i contagi sarebbero ancora limitati a gruppi di persone in precise aree geografiche, sarebbe opportuno predisporre il trasferimento di risorse e di personale sanitari da altre località. I piani di emergenza dovrebbero essere rivisti e aggiornati. In base alla valutazione del rischio dovrebbero essere prese misure di prevenzione coerenti, per evitare di amplificare la diffusione del virus. Sul fronte della comunicazione del rischio, gli esperti sottolineano di nuovo l’importanza della chiarezza e della trasparenza dei messaggi per arginare la preoccupazione della popolazione. Qualora venissero attuate modifiche alle predisposizioni precedenti, queste andranno giustificate così come andrà specificata l’importanza di aderire alle disposizioni, soprattutto se le misure prevedono la limitazione della libertà personale (quarantena, autoisolamento). La percezione del rischio nei cittadini va monitorata così da rispondere alle esigenze di informazione”.
Il terzo scenario, invece, si divide in trasmissione “sostenuta e diffusa con crescente pressione sul sistema sanitario” e “trasmissione diffusa con sistema sanitario sovraccarico”: “Con l’aumentare dei casi di Covid-19, a un certo punto non potrebbe essere più possibile, o efficace, rintracciare tutti i contatti dei casi confermati. La ricerca delle persone positive, dunque, si potrebbe interrompere – spiega il docente -. L’obiettivo passerebbe dal contenimento alla mitigazione dell’epidemia; un passaggio che dovrebbe essere comunicato alla popolazione, che andrebbe formata sul modo più corretto di agire in caso di sospetta infezione. In questa fase andrebbero prese in considerazione misure di isolamento sociale (cancellazione di fiere, meeting, manifestazioni sportive e culturali che coinvolgono un gran numero di persone, telelavoro, chiusura delle scuole, etc) al fine di ritardare e/o ridurre il picco dell’epidemia. Convertire i sistemi di sorveglianze dell’influenza e sfruttarli per la segnalazione di casi sintomatici sospetti consentirebbe, inoltre, di descrivere diffusione, intensità e gravità del virus. I cittadini dovrebbero essere informati su cosa possono fare per ridurre la pressione sul sistema sanitario. Nel secondo caso, invece, potrebbero totalmente cambiare le statistiche attuali. I dati sulla letalità di Covid-19 sono provvisori, anche se al momento sembra che siano gli anziani e le persone affette da altre patologie a correre il rischio più elevato. Tuttavia – ci tiene a precisare – è comunque possibile dire che se Sars-Cov-2 si diffondesse velocemente, coinvolgendo una larga fetta della popolazione, anche la piccola percentuale di casi gravi sarebbe sufficiente a mettere in crisi l’assistenza sanitaria. Si verrebbe così a delineare un nuovo scenario, che potrebbe essere ulteriormente aggravato dal persistere dell’influenza stagionale”.
“Nel caso in cui ospedali, pronto soccorso e reparti di terapia intensiva non siano in grado di accogliere i pazienti a causa di un numero insufficiente di posti letto o personale – si legge nel documento – i Paesi dovrebbero essere pronti ad attuare piani di emergenza (ad esempio adattando i letti ospedalieri standard per il trattamento di casi gravi). Potrebbe essere necessario riprogrammare le operazioni non essenziali e valutare se postazioni alternative potrebbero essere utilizzate per fornire assistenza sanitaria. Si potrebbe prendere in considerazione la ridistribuzione delle risorse in tutta l’Ue“. Questi scenari potrebbero essersi già verificati nei Paesi membri o presentarsi in qualsiasi momento. L’evoluzione dell’epidemia potrebbe non essere lineare e saltare uno scenario. Data la grande incertezza, l’Ecdc suggerisce calorosamente agli organismi di sanità pubblica e agli istituti di ricerca di continuare a lavorare insieme per accumulare informazioni sul nuovo coronavirus e anche sull’efficacia delle misure messe in atto per il contenimento e la mitigazione, di condividere le conoscenze e gli esiti delle terapie sperimentali. “Gli sforzi – conclude Eramo – devono essere rafforzati e coordinati, anche in tema di comunicazione del rischio”.