ACHILLE LAURO CON LE PERFORMANCE SIMBOLISTE È AVANTI. SOLO 8°, MA È LUI IL FESTIVAL

“Libereremo il nostro popolo”, il popolo lo acclama, ma non abbastanza. È lui il festival, mai banale, imprevedibile, colto e last but not least avanti anni luci, musicalmente futuristico. Aveva già vinto la prima serata e nelle altre ha solo confermato. Al secolo Lauro De Marinis, classe ’90, esce dal ghetto romano e da padrone cavalca il palco del festival di Sanremo, con la sua “Me ne frego”. Si cuce di simbolismo, incontra il direttore creativo di Gucci e diventa Il Lupo ossia San Francesco che si spoglia dei beni materiali per proiettarsi negli anni ’70 con il Fulmine di Ziggy Stardust, un salto nell’universo Bowie per tornare indietro ai tempi dei tradimenti accordati e del voyeurismo con la Maschera e il mito della donna che si fece opera d’arte e ora Elisabetta I Tudor, Regina d’Inghilterra e d’Irlanda, vissuta tra il 1533 e il 1603 e  definita la regina vergine perché non si sposò mai. Difese la propria patria, con cui amava dire di “essere sposata”.

Il web si divide, ma achilleidol(Instagram ndr) è stato abbastanza chiaro, dei giudizi se ne fa un baffo. Il suo è un festival all’insegna della libertà, ha percorso la scalinata a piedi nudi, tranquillo, irriverente, imperturbabile.

Ha dichiarato «la musica per me è la cosa più importante ed è dalla musica che nasce la mia concezione dell’arte, dello scrivere, del dipingere e dell’utilizzare il mio stesso corpo come una vera e propria opera. Sanremo è il più grande palcoscenico per la canzone, ma nel mio modo di intendere è una grandissima occasione per portare delle performance complete».

La critica ha tentato paragoni con mostri sacri: Bowie, Renato Zero, Frank Zappa, Mick Jagger, Freddie Mercury, e tanti altri, ma lui non ha mai osato scimmiottare le loro qualità musicali. Ha semplicemente preso in prestito la loro potenza iconografica per portare sul palco dell’Ariston messaggi passati ascritti tutti sotto una stessa parola: libertà.