Barcellona PG. L’Opinione di Patrizia Zangla sulla Lettera Aperta di Nino Abbate all’Assessore alla Cultura
Scritto da Valentina Di Salvo il 23 Agosto 2020
Riceviamo e pubblichiamo da Nino Abbate, Direttore del Museo Epicentro di Gala, frazione di Barcellona Pozzo di Gotto, un testo intitolato “L’Opinione di Patrizia Zangla sulla Lettera Aperta di Nino Abbate all’Assessore alla Cultura”.
“QUANDO I LUSTRINI SCHERMANO L’ARBITRIO” di PATRIZIA ZANGLA
Non avevo prestato attenzione, persino infastidita dal Festival di paese che mette in mostra i suoi gioielli di famiglia versione femminile, anche in vista di un voto amministrativo sia nella prima data, 8 marzo in prossimità delle amministrative di maggio sia nella seconda, 8 agosto in prossimità delle amministrative procrastinate a seguito dell’emergenza Covid. Ho scelto di mantenere un distanziamento critico dalla politica organica per preservare obiettività e lungimiranza nelle analisi, in passato mi sono state attribuite parole non dette o maldestramente assemblate, e più sono cresciuta in notorietà nazionale e più mi è stata sottratta l’equa corrispondenza a livello locale. Per ri-conoscere è necessario conoscere. Un riconoscimento locale non aggiunge nulla alla mia carriera. Ho ricevuto un elogio pubblico dall’ex assessore Torre, una targa dalla giunta Collica, ci sono stati anche episodi singolari, miei estimatori hanno donato alla città i miei saggi -presenti nelle più importanti Università del mondo- per compensarne la mancanza nella Biblioteca locale, e sono stati ricevuti dall’assessore. Un esplicito richiamo che ovunque avrebbe determinato precisa iniziativa, ma non a Barcellona Pozzo di Gotto. Non in questo paese, dove la risposta è stata esattamente contraria: fingiamo non sia accaduto, lasciamo che le acque melmose del Longano ricoprano l’episodio.
Distrattamente ho letto il Tag sulla pagina Facebook di Nino Abbate, tra me mi sono detta: “Nulla di nuovo sotto il cielo, amici e compari, debiti elettorali da scontare o nuovi scambi da affinare, io non c’entro nulla, meglio se il mio nome non compare”, ma Nino Abbate, ideatore del Museo Epicentro, è duro come la roccia che scolpisce. Nino scrive, scrive, alcuni lo sostengono, alcuni citano me, si indignano perché il mio nome non compare nella rosa delle Cittadine illustri del paese. Cittadine che danno lustro …. di questo si tratta. Sembra una beffa, in questi anni spesso in occasione di riconoscimenti ricevuti mi sono sentita dire: “Lei risiede a Barcellona Pozzo di Gotto, paese di mafia… la nuova Corleone”, ed io a chiarire: “Certamente, però … ”. Però. Sono stata involontariamente ambasciatrice della città, cercando di valorizzarne i pregi.
Approfittando dell’intemperanza di Nino, non pochi hanno tentato di confondere il tema connotando di hýbris i loro interventi, chi gli ha scritto “hai animato il Ferragosto”, chi “ora basta finiscila”, chi “cerchi il pelo nell’uovo”, chi “anche tu non mi hai premiato quella volta”, chi “volevi premiata tua moglie”, e ancora “noi premiamo solo gli umili”. Si potrebbe continuare. Gli stessi hanno anche cercato di far credere che il problema fossero unicamente i nomi delle premiate o per converso quello delle escluse, innestando una facile contrapposizione. Di contro c’è chi scrive: Ci voleva una commissione giudicatrice…, chi stigmatizza arbitrii che sviliscono l’iniziativa e la rendono specchio di compiacenze e ancora.… vedo nani e ballerine e giullari di corte. Nino Abbate hai ragione, sei stato più lungimirante di tutti. Perché è parmenideo, ciò che è, è. E centriamolo questo tema. Uso e abuso, questo è il tema. Ente pubblico ed ente privato, questo il tema. Cerimoniale, galateo istituzionale e pressapochismo dilettantistico, questo il tema. Gestione trasparente e gestione personalistica, questo il tema. Modus operandi che sottace palesi conflitti d’interesse politicamente imbarazzanti, questo il tema. Imparzialità e parzialità, questo il tema. Temi privi di colore politico.
In un regime monarchico assoluto, il despota decide a chi dare e a chi togliere, decide per i suoi sudditi, in una democrazia non funziona alla stessa stregua, non ci sono sudditi ma cittadini, che significa? Significa che la gestione di un riconoscimento cittadino è messa in atto in nome del ruolo che si riveste, dell’essere rappresentante pubblico. Il personalismo nella gestione della cosa pubblica diventa un abuso. La mancanza di criteri obiettivi diventa un abuso. La mancanza di trasparenza diventa un abuso. La parzialità diventa un abuso. Potremmo qui citare norme costituzionali a supporto di quanto scritto per ricordarci che imparzialità e trasparenza si riverberano sull’efficienza e sull’economicità della pubblica amministrazione, vale a dire che certi comportamenti possono essere tollerati nell’ambito di associazioni private, non possono invece nell’ambito della pubblica amministrazione la cui azione deve essere svolta nell’interesse pubblico della comunità.
La cittadinanza attende dovute spiegazioni (sui criteri di selezione, motivazioni, finanziamenti), e in mancanza -come accade in un qualunque paese dotato di sensibilità politica e sociale- le dimissione della persona che riveste l’incarico politico che ha organizzato l’evento. Oltre i lustrini dei festeggiamenti è questo un danno d’immagine per la politica cittadina nella sua interezza. Entia nun sunt multiplicanda praeter necessitam (Gugliemo di Ockham).